Prime sofferenze scolastiche

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Mi avevano anticipato che l’ingresso alla scuola primaria sarebbe stato un momento difficile e delicato.

primo giorno scuola

Io li per li non avevo dato peso alla cosa perché era già tanta la mia “sofferenza” nel vedere la mia piccola crescere e farlo così in fretta e con così tanta energia, che non ci pensavo.

Dall’altro lato ero contenta che lei fosse felice anche perché l’ultimo anno alla materna non era stato facile e quindi la scuola primaria sarebbe servita a Pupa per darle lo slancio di cui aveva bisogno, per aiutarla nella sua fame di sapere e per farla sentire una vera “grandona” come vengono definiti i bimbi nella scuola materna che ha frequentato lei.

Sinceramente i primi tempi non sono stati facilissimi e di questo vi ho già parlatoma la sua voglia di apprendere e il suo sentirsi grande probabilmente erano più forti delle negatività che la nuova avventura le stava facendo vivere.

E così, superati i pochi momenti di sconforto, siamo arrivate a Natale a testa alta, con sempre tanta voglia di fare e di imparare.

scuola primariaAl rientro dalle vacanze però qualcosa si è rotto….la voglia sembrava non tornare e anzi la scuola sembrava essere solo fonte di dispiaceri, di malesseri (veri o presunti) al punto che la maestra stessa mi ha chiamato per dirmi che la bambina che lei aveva conosciuto pochi mesi prima era cambiata.

Pupa è una bimba di poche parole (che è uno dei principali motivi per i quali discutiamo) e quindi cercare di capire cosa le stesse succedendo non era un compito facile, ma la mia caparbietà in questo è stata utile: l’ho tormentata di domande fino ad arrivare a farmi dire cosa la angustiava: non voleva sentirsi costretta a dover assaggiare cibi che non le piacciono e quindi lei a scuola non voleva andare.

Ok provo ad aiutarla, chiedo maggiore flessibilità alle maestre almeno per questo periodo così da farle tornare la carica.

A poco serve il mio intervento perché la domenica sera e il lunedì mattina la scena è sempre la stessa: pianti, pianti e ancora pianti.

Ritorno alla carica con le domande: nulla, non esce niente da quella bocca e lei mi assicura che il motivo è solo che lei vorrebbe giocare di più, vorrebbe potersi alzare di più, che studiare è difficile e che il sabato e la domenica sono troppo corti per rilassarsi e per “poter fare quello che si vuole”.

Ok quindi nessuno le fa niente, con i compagni va d’accordo, le maestre dicono che è bravissima (e una buona parte di ansia scompare dalla mamma), ma allora perché persiste questa situazione?

A volte credo che la sua sia un parte, una recita, ma vederla così non è per niente bello, un conto è sapere che i bambini piangono per un capriccio, ci sia arrabbia e si cerca di fargli capire le nostre ragioni, ma davanti ad un bambino che piange per esprimere la sua sofferenza come ci si comporta?

Io non l’ho ancora imparato….

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